lunedì 15 giugno 2015

LA STORIA D'ABRUZZO: 1 ) DELL'ORIGINE DELL'ABRUZZO E DEI SUOI PADRI

LA STORIA D'ABRUZZO

Bene, dopo un bel po' di tempo, e una misera manciata di post pubblicati, torno a far danni con una nuova, entusiasmante serie di racconti legata alla storia della mia grande regione, L'ABRUZZO. Una storia epica, affascinante e sconosciuta, ricca di miti e leggende che hanno la loro origine nella notte dei tempi.
Un racconto a settimana (se ce la faccio), per scoprire insieme una grande storia.
Questo è il primo racconto, tenetevi forte e immergetevi in un mondo ormai perduto.

1 ) DELL'ORIGINE DELL'ABRUZZO E DEI SUOI PADRI

Erano quelli i tempi in cui i grandi ghiacci avevano abbandonato le montagne. Le bestie lanose dalle lunghe zanne non percorrevano più i loro sentieri invernali e le aride e gelide steppe avevano lasciato il posto a verdi prati bagnati dalle piogge che cominciavano a venire dall’est. Crebbero quindi foreste di querce, cerri, carpini, castagni e faggi e il tempo si fece più mite.
Fu dopo un secolo dall’inondazione della grande pianura dell’Est, tra le grotte del grande massiccio solitario, che in seguito sarà chiamato Maiella, che Lu Patratern diede vita a tre figli. Egli, con martello e scalpello, li creò dalla nuda roccia e disse “Ecco, voi sarete i figli della roccia, e come roccia crescerete e sarete forti. Abruzzesi sarà il vostro nome e quello della vostra stirpe, e a voi saranno concessi questi monti e queste colline.”
I tre si svegliarono freddi e ignudi, e di fronte alla possanza de Lu Patratern esclamarono “Freghete!”. Ed ecco che Lu Patratern diede loro un nome, e ad ognuno di loro dei doni dicendo: “A te sia il nome Merigo, e il peperone rosso dolce della varietà corno di bue sarà il tuo dono. A te sia il nome Cenzino, e la patata sarà il tuo dono. A te sia il nome Ndonio, e un cane bianco dal folto manto sarà il tuo dono. Ed ecco, con questi doni andrete per questa terra, e la coltiverete a alleverete bestiame. Prenderete in moglie le figlie di coloro che dominerete, e i vostri figli domineranno dopo di voi.”
Fu così che Lu Patratern si congedò da costoro, e i primi tre abruzzesi presero la loro strada. Merigo prese la via a sud e si stabilì tra le colline terrose e rocciose che terminavano nella Valle del Trigno e dalle quali si poteva vedere il mare. Cenzino si inoltrò tra le montagne a Ovest, giungendo alle rive di un grande lago tra i monti. Ndonio prese anch’egli una via tra i monti e giunse ai piedi dell’alta roccia che ancora era coperta dal ghiaccio, e sotto la quale si estendevano verdi pascoli.
Questi furono i giorni della nascita dei tre primogeniti d’Abruzzo.
In quei tempi, le colline a sud erano abitate da popoli che coltivavano vigne e cereali e alberi di olivo, e allevavano bestiame. Merigo si presentò a loro forte della sua possanza divina e, dall’alto di un colle che oggi è conosciuto come Coccetta, nella zona di Fresagrandinaria, gridò a gran voce: “Ecco, io sono Merigo, figlio della roccia, e queste per diritto divino saranno le mie terre!”
Ma la gente a egli rispose deridendolo “Ma vatn a fanghiul!” e Merigo rispose loro “Mo cal abball e v fac na fac d sberl!”
Così il popolo delle colline rispose “Sciò! Nz capac!” e Merigo scese dal colle come roccia che furente si stacca e rotola dalla ripida parete di un monte, e dalla sua potenza la gente fu intimorita e presa a sberle. Ed egli fu proclamato signore delle colline e le genti lo adorarono e rispettarono. Così Merigo a loro mostrò il dono divino dicendo “Questo frutto è dono de Lu Patratern e solo noi lo possederemo in questa terra. Coltivatelo e seccatelo, e macinatelo. E con esso condirete e conserverete le carni di porcio”.
Si è detto di come Cenzino giunse nei pressi di un grande lago circondato da monti e da due picchi fratelli, che saranno poi chiamati Velino e Sirente, ma le genti che abitavano quei luoghi si tenevano lontani dalle sue sponde. Si diceva infatti che una grande sciagura aleggiava su quelle acque e i poveri scemi che si avvicinavano venivano colpiti da grandi pestilenze. Fu così che Cenzino si avvicinò alle acque, e le genti videro che un uomo si era appropinquato al lago sciagurato, e dissero “Compà, la cocc t’ha fat tilt!”. Ma lui non era uomo di carne, era uomo nato dalla roccia per volere de Lu Patratern, e le mortifere acque nulla gli causavano. E fu così che, alzando il pugno al cielo urlò a gran voce “Paaaaaaaatrateeeeeeeeeern!!!” e forte dell’Ira del Lu Patratern tirò un pugno alle acque, e queste tremarono e si alzarono, e si alzarono anche le terre e le rocce, le estese e mortifere acque furono assorbite dalle bocche della terra. Ed egli si approssimò al suolo fangoso e, scavato un buco col le mani, piantò la patata divina. E presto germogliò e crebbe una pianta, e le genti di quei luoghi osservarono sgomenti.
Quindi Cenzino prese la pianta e la sradicò, e le radici erano formate da numerose patate, ed erano belle e grosse. Ed egli a quella gente: “Queste sono le patate e in questa pianura voi le coltiverete. Fucino sarà chiamata questa pianura, e Marsica il territorio sul quale la mia patata vivrà, e io ne sarò il signore.” E le genti lodarono il Signore delle Patate e le sue patate.
L’ultimo a giungere alla propria meta fu Ndonio. Egli in principio volse lo sguardo verso l’alto monte a nord della Maiella, e gli sembrava più grande e lo volle scalare. Così partì, insieme al suo cane Gnocchettone dal bianco e folto manto, e quando lo scalò si avvide che era effettivamente più alto e vi era ancora ghiaccio, e a ovest di questo c’era una terra pietrosa ma dai vasti prati, e vide che molte erano le pecore e che i pastori le pascolavano. Ed egli scese da loro insieme a Gnocchettone, calando dalla montagna come furia tonante, e le genti si spaventarono e quando lo videro pensarono “Ma chi è su scemo?”. Così giunse Ndonio nelle terre dove volavano le aquile, e una moltitudine di lupi vi abitava. Quindi Ndonio disse a Gnocchettone “Va e mannali affangulo!” e il cane prese a mazzate i lupi, e i pastori furono felici e proclamarono Ndonio loro signore. Ed egli costruì un trono sull’alta montagna, che fu chiamata Gran Sasso, e la progenie di Gnocchettone furono i cani pastori che prendevano a zampate in culo i lupi.
Furono questi i primi giorni dell’Abruzzo e dei suoi tre Signori, e le genti si accomunarono e prosperarono nelle tre province. E i figli della roccia presero in moglie le figlie degli uomini, poiché videro che queste erano formose e ‘gnoranti, e soprattutto sapevano fare bene a magnare. Molte ne vollero i tre Signori, e molte vollero concedersi, ma ne scelsero solo una a testa, perché questo era il volere de Lu Patratern, che altrimenti si sarebbe ‘ngazzat gne na beshtj.


Ed esse furono Ondorina moglie di Merigo, Ndunietta moglie di Cenzino e Trisinella moglie di Ndonio, e delle loro gesta a lungo si fecero pettilazzerie.

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