lunedì 17 agosto 2015

SARDEGNA: CRONACA DI UN VIAGGIO ETNO-MISTICO-STORICO-GEO-MUSICO-ANTROPO-INTROSPETTIVO-SAURITO-ENO-CARNIVORO-GASTRONOMICO

Ebbene eccomi, torno dopo non so quanto tempo a scrivere un po' di roba sulla mia sconosciuta paginetta.
Questa volta, però, non parlerò di scienze o di scemenze, ma semplicemente di un viaggio. Questi sono i pensieri scaturiti da un viaggio di due amici in una terra splendida, unica, antica e affascinante: la Sardegna. Protagonisti: io, il "Compare" e l'"Ingegnere".
Tutto inizia quando, durante una cena in quel di Roma quest'invero, il nostro caro amico Ingegnere ci fa vedere sul telefono la foto di due bamboline di pezza rappresentanti due sposi. Era il suo modo per invitare me e il caro Compare al suo matrimonio. Data stabilita: 9 agosto 2015. In Sardegna. A Cagliari.
Mai data più indicata per un matrimonio.
Da quella sera, forse era gennaio, ne sono successe davvero tante di cose, belle e brutte, soprattutto a me e al Compare. Aspettavamo questo viaggio, lo abbiamo programmato bene e a lungo e, finalmente, la mattina del 7 agosto 2015, alle 05:15, partiamo per andarci a imbarcare a Civitavecchia, obbiettivo Olbia.
Ora, siamo partiti come due disperati. La sera prima, quando il Compare venne a Roma, al posto di riposare per il lungo viaggio del giorno dopo ci siamo fatti una carbonara di proporzioni epiche per cena, un po' di bicchieri, poi siamo usciti, altri bicchieri, poi siamo rientrati, altri bicchieri, poi a letto.
Un'ora e mezza di sonno.
Ma è andata benone.
Appena imbarcati alle 06:45 ci sistemiamo sul ponte, alle 08:30 si parte alla volta della Sardegna. Il viaggio è stato molto tranquillo: mare calmissimo, aria pulita, un po' troppa foschia ma soprattutto ho finalmente visto i delfini, bellissimi, passare vicino la nave come per salutare noi viaggiatori, con i loro splendidi ed eleganti salti e quelle loro espressioni che solo a vederle ti migliorano la giornata. Un inizio davvero positivo.
Alle 15:00 più o meno scendiamo a Olbia, accendiamo la macchina, ci immettiamo nel traffico e, dopo soli 10 minuti, ci fermiamo per una birra. Visto che ci attendevano tre ore di macchina per raggiungere Cagliari, dovevamo carburare. Quindi, Ichnusa "al bacio", panino con la mortadella e via. Arriviamo a Cagliari intorno le 19:00, se non ricordo male, e ad attenderci c'era già l'Ingegnere che ci aveva prenotato il b&b. Un ragazzo, un amico fantastico: la sua faccia appena ci ha visto esprimeva una gioia vista raramente, nonostante l'immane esaurimento pre-matrimoniale che aveva addosso. Ci teneva che andassimo al suo matrimonio, voleva avere vicino anche noi, e ha dimostrato una gentilezza, una disponibilità e un senso dell'accoglienza davvero fuori dal comune.
Comunque, arrivati a Cagliari inizia lo show. Prima impazzimenti vari per trovare parcheggio, poi riflessioni malate pseudo-intolleranti di cui è meglio evitare di discutere, risate che non finivano più, battute rimaste ormai nei nostri annali (sti cazzo di b....., e......, commercianti).
Arrivati al b&b io e il Compare ci prepariamo per l'addio al celibato, al quale eravamo stati invitati.
La cosa sembrava partire bene; per arrivare dal "messicano", dove siamo andati a cenare, è stato un altro show: guida spericolata di un Ingegnere sardo in fase di esaurimento pre-matrimoniale. Ma avete mai visto un ingegnere imboccare due volte una rotonda in senso opposto e tre volte dei divieti d'accesso? Un pazzo scatenato, e meno male che sembra la persona più calma del mondo (ma io e il Compare sapevamo di cosa era capace, più o meno...).
La festa di addio al celibato è stata davvero fenomenale: cena al messicano, e poi bowling. Ora, uno quando sente "bowling" a un addio al celibato potrebbe immaginare che le "bocce" per colpire i birilli siano un messaggio in codice per altro. Beh, è pur sempre un addio al celibato, no?
Col cazzo. Le bocce erano bocce, e i birilli (per fortuna) erano birilli.
Avanti.
Il giorno appresso, sabato 8, io e il compare ci concediamo una giornata tranquilla. Visita della città la mattina, mare il pomeriggio e inevitabile constatazione che le ragazze sarde sono davvero bellissime. Punto.
Andiamo a domenica, giorno del matrimonio. Con la mattina iniziano i primi problemi: faceva un caldo assurdo. Per fortuna l'Ingegnere aveva esentato gli amici invitati a vestire con giacca e cravatta, e io e il Compare l'abbiamo preso alla lettera: pantaloni e camicia da damerino io, pantaloni e camicia da santone il Compare. Fregnissimo.
Il matrimonio era alle 17:00, la chiesa abbastanza vicina e noi usciamo di casa alle 16:30 per arrivare un po' in anticipo.
Ci riusciamo? Ma secondo voi...
Arriviamo addirittura poco dopo la sposa (maledetto Waze e maledetta signora di cui non ci interessava conoscere la sua vita passata), entriamo correndo in chiesa e prendiamo posto. Ora, io in particolare quel giorno avevo un compito: fare la prima lettura. E non sapevo come diavolo comportarmi né dove andarmi a posizionare (grazie al c.... quarzo, ero arrivato tardi). Già a pensare che in quella lettura dovevo dire "Alzati e mangia!" mi faceva sentire un cretino, poi sono arrivato tardi, non sapevo dove andarmi a mettere e, inevitabilmente, appena si è iniziato a leggere una signora si è presentata al mio posto.
Il patriarca (ho imprecato silenziosamente).
Ma è andata bene. La signora si accorge della mia ingombrante presenza e mi cede il posto.
Tutto ok? Suvvia... La mia lettura era totalmente sgrammaticata. Mancavano preposizioni, virgole, parole e quant'altro. Dopo un'immediata battuta di arresto per tentare di capire cosa diavolo stessi leggendo, con un po' di fantasia sono arrivato fino alla fine. E soprattutto con impegno. Ricordo ancora quando l'Ingegnere mi fece l'invito a leggere la prima lettura. Eravamo a farci una birra in una piadineria vicino casa, e la cosa mi fu detta con una tranquillità disarmante, come se mi stesse chiedendo "ma facciamoci un'altra birra!". Che poi ci siamo fatti ovviamente. Ero colpito e nello stesso tempo emozionato, l'Ingegnere ci teneva che ricoprissi io questo compito e, nonostante i soliti imprevisti tipici del sottoscritto, l'ho fatto, con orgoglio, e sono stato felicissimo di farlo.
Poi vabbè, altri inghippi del cavolo, come lo spara coriandoli che mi esplode in mano e mi taglia il pollice. Ne ho usati almeno una decina in vita mia e qual'è quello che mi deve far fare una figura di merda? Maledetto...
Ma è andata benone.
Poi, e poi... ehehehehe... E poi la cena...
Io e il Compare eravamo partiti in modo piuttosto tranquillo, forse anche troppo. Avevamo già conosciuto i nostri compagni di tavolo nell'addio al celibato e non ci erano sembrati dei gran commedianti. Solo l'Ingegnere, in cuor suo, sapeva che in quel particolare tavolo, quello con la delegazione abruzzese, sarebbero successi sfracelli.
E secondo voi si è sbagliato?
Alla fine ne rimasero in piedi solo due, erano crollati tutti per i troppi bicchieri, come crollò (di stanchezza) anche il cameriere che ci portava il vino, il quale, praticamente, ha passato buona parte della sera a portare bottiglie di bianco alla nostra tavola. Alla fine, 6 persone si sono fregate almeno 8 bottiglie (stima a ribasso); il bollettino riportava due morti, un ferito grave, una apparentemente illesa e due insospettabili lupi, artefici silenziosi del reato, ancora in assetto da combattimento. E intanto l'Ingegnere pregava di non colpire troppo forte il tavolo perché non lo voleva ripagare (chissà chi era a menare sul tavolo...)
Poi accadono le cose strane: io che mi incazzo con l'open bar che non apre, riflessioni razziste su popolazioni continentali mal sopportate, io che continuo ad incazzarmi con l'open bar, torta, io furioso con l'open bar, io che vado in bagno, il Compare che compie opere di carità nei miei confronti, io che, dopo un paio di giorni, realizzo di essere un emerito coglione. Ah, e che mi incazzo con l'open bar aperto perché non c'erano gli amari. E rinnega dai...
Alla fine, facendo le somme della serata, si può tranquillamente dire che è stata splendida. Io e il Compare abbiamo conosciuto persone davvero simpatiche, che ci hanno accolto in modo semplice e amichevole, che ci hanno trattato come se ci conoscessero da sempre, che hanno condiviso risate, chiacchiere, considerazioni, schiamazzi e quant'altro. Davvero belle persone per una bellissima serata. E soprattutto, una coppia di sposi bella, sorridente, felice di quel giorno e di quella loro bellissima unione, emozionati e che emozionavano, tanto che, nel momento dello scambio delle fedi, una mezza lacrima è quasi uscita anche al sottoscritto. E la cosa credo che non mi sia mai successa.
Questo è quanto per il matrimonio. Ora il racconto prenderà una piega diversa, perché inizia quello che è stato il vero viaggio, quello di due amici in cerca di un modo di svagarsi, liberare la testa da vecchi pensieri e comprendere e affrontare meglio i nuovi. Un viaggio tra la natura, la storia, l'arte, la tradizione e i paesaggi della Sardegna, a bordo di una C3 che alla fine della settimana segnerà quasi 1200 km percorsi tra il cagliaritano, il nuorese e la Gallura.
Lunedì 10 agosto si parte alla volta di Nuoro. Per la strada ci fermiamo a visitare l'area archeologica del Pozzo di Santa Cristina. E' da lì che, probabilmente, iniziamo a renderci conto davvero dove siamo. Da quel giorno iniziamo a capire come l'aria, la terra e il cielo di quell'isola siano qualcosa di diverso, di unico, di mai sentito fino ad allora. La stessa aria ha un profumo nuovo, carico di qualcosa di antico e mistico, selvatico ma dolce, decisamente lontanissimo dal profumo che sentiamo sempre nel nostro Abruzzo. Per fare un paragone, secondo me, l'aria Abruzzese può essere paragonata a una bella genziana, forte e amara all'inizio ma che lascia poi una sensazione conciliante, come quando si posa lo sguardo sulle nostre montagne, sulle nostre valli, sui nostri fiumi, sulle colline e sui pascoli. L'aria della Sardegna, invece, mi fa pensare a un dolce secco ripieno di mosto cotto, un po' duro e insapore fuori, ma che dentro racchiude una ricchezza e una dolcezza straordinarie. Come le terre sarde, così aride e secche in estate ma custodi immemori di un'unica magia che si perde nella storia dell'uomo.
(Io questo so fare, pensare a metafore alcoliche e mangerecce. Spero che rendano l'idea.)
Penso che sia stato il fascino verso queste sensazioni, oltre l'amicizia sincera come base, che abbia fatto virare il viaggio in una dimensione introspettiva e interna.
Per essere chiari, non è che siamo stati gli ultimi quattro giorni a meditare sui massimi sistemi e sul subconscio umano (tenevamo 'na cazzo di voglia); ci siamo divertiti, abbiamo cazzeggiato, mangiato e bevuto in modo "arrogante" (lo ribadisco, siamo ABRUZZESI, ed eravamo in modalità da combattimento). Tuttavia, alla fine la sera ci ritrovavamo sempre a fare i conti con la giornata passata, e con tutto il nostro passato, e quell'aria così particolare aiutava a riflettere e a trovare un minimo di pace. Bastava un mezzo toscano, un po' di genziana (il caro Compare non ha fatto mancare l'elemento abruzzese nel viaggio, e quando ci torna una bottiglia di genziana preturese in Sardegna!), un respiro di quell'aria e poi si parlava.
Come ho detto, eravamo reduci da periodi particolari, e tante ansie, pensieri, idee e cose simili si manifestavano alla sera, dopo aver passato le giornate tra tour improvvisati e belle spiagge.
Non mi metto a parlare del Compare perché giustamente sono fatti suoi, ma per quel che mi riguarda questo viaggio mi ha lasciato davvero emozioni forti. Un po' strane, sotto alcuni aspetti eccessive e forse infantili, ma pur sempre fantastiche. Io ho il problema di essere una persona empatica e forse troppo sensibile, ma chi mi conosce poco non lo direbbe mai visto che sembro (e sono) un pazzo scatenato. Ogni volta che provo un emozione la sento forte, come se avesse una sostanza e un peso, qualcosa che mi rimane addosso, che, purtroppo e per fortuna, porto dietro per tanto tempo. Sono reduce da mesi particolari, in cui la mia vita ha preso improvvisamente una strada nuova, in cui ho perso tanto e non so quanto e cosa stia guadagnando. Un periodo di transizione in pratica, dove non mi sarei mai aspettato di vivere, e condividere, certe sensazioni ed emozioni in modo così profondo.
Provare emozioni forti solo visitando un sito megalitico, guardando un gregge pascolare in un prato arido, osservando rocce antiche di centinaia di milioni di anni, maschere dall'antica storia pagana, le costellazioni la sera sotto un'altro cielo, scoprendo sapori nuovi, tradizioni nuove, e vivendo quell'atmosfera accompagnato ospitalità, simpatia e disponibilità mai incontrate altrove mi hanno segnato davvero nel profondo. I sardi sono persone splendide e amichevoli, così tanto da essere arrivati anche a confondermi in modo eccessivo. E fu così che, dopo un'ottima cena in una trattoria di Nuoro, mi sono ritrovato a chiedermi il perché e il per come di un'inaspettata sorpresa ritrovata sul telefono, col caro Compare che tentava di schiarirmi le idee e con io che non continuavo a non capirci un beneamato. Perché sono un cretino, e se il Compare mi avesse tirato una botta in testa probabilmente a quest'ora starei più tranquillo. Comunque, va benissimo lo stesso.
Queste sono le cose che mi hanno fatto stare bene, queste sono le sensazioni che ho respirato, che hanno alleviato l'angoscia dei miei vecchi pensieri, che mi hanno fatto sbandare e che spero mi riporteranno presto in visita in quella terra. E tutto questo è stato possibile non solo per come ho vissuto questo viaggio, ma soprattutto perché l'ho vissuto con la persona giusta, con uno dei pochi che posso chiamare "amico", con cui è possibile parlare, condividere e confrontarsi senza paura e senza vergogna, semplicemente perché viene spontaneo farlo, e basta. E grazie anche ad un altro "amico", artefice del nostro viaggio, che ha fatto tanto per averci con lui in uno dei giorni più importanti della sua vita, che ci ha fatto sentire a casa, che si è fatto in quattro per noi in un momento in cui dovevamo essere l'ultimo dei suoi pensieri, e che spero potrà essere presente la prossima volta che saremo nelle sue terre (e soprattutto spero che verrà presto a visitare le nostre!).
E tutto questo è nato per una semplice casualità, perché qualcuno lassù ha detto che queste tre persone dovevano incontrarsi, per fare una partita a chiacchiere la sera su una terrazza, a Roma, con un bicchiere di vino in mano e un po' di sana gioia nel cuore.

martedì 23 giugno 2015

LA STORIA D'ABRUZZO: 2) DELLE MOGLI DEI SIGNORI

2) DELLE MOGLI DEI SIGNORI

Si è detto di come i figli della roccia vollero scegliere le proprie mogli tra le donne ‘gnoranti che abitavano le terre d’Abruzzo. In ogni dove esse non erano molto alte, ma erano prosperose di forme e di animo, e più di qualunque altra donna della terra sapevano cucinare. E di questo i figli delle rocce se ne avvidero, e troppe erano le donne che volevano, e molte erano attratte dalla possanza dei Signori. Ma, come legge divina vuole, alla fine furono le donne stesse a fregare i figli della roccia e questi, seppur dapprima contenti, dovettero affrontare la prova più ardua che Lu Patratern mise mai loro di fronte: il matrimonio.
Erano giorni di estate sulle colline, e il grande caldo menava sulla terra come martello sull’incudine, e molto era il lavoro. Nei campi il grano era secco e in ogni dove si trebbiava, e gli uomini si mbriacavano a vino, e le donne portavano loro da mangiare, e ognuna diceva al suo “Mo c’arvì a la cas t’accid!”.
In quei giorni Merigo era tra gli uomini, e aiutava loro a trebbiare, che da quelle parti si dice tuttora trescare, e dispensava consigli su come falciare e fare li manuppl. E con loro mangiava e beveva vino, ma non si indortava poiché era fatto di roccia e il suo fegato godeva di grazia divina. Tuttavia il caldo era forte e l’alcool lo accaldava e, giunto a sera, decise di spogliarsi nudo e aiettarsi in mezzo a un lago. Quivi una giovane donna stava lavando i panni con sapone e shtrovila, e vide quell’uomo nudo nell’acqua, e si accorse che era il suo Signore. Ma non distolse lo sguardo, a causa dei molti furbi pensieri che nella testa produceva.
Quindi anche Merigo la vide, e vide che era anche giovane e bella, e erto e potente gli si pose davanti.
Ed ella a lui: “Mio Signore, freghete che manico di rungetta avete!”
Ed egli, compiaciuto del complimento, la volle, e per tre giorni e tre notti la possedette in riva al lago, sott a la capann, arret a quella fratt.
Il terzo giorno egli si alzò e, credendo la donna stanca, si rivesti e andò via. Ma la donna era ben sveglia, ancora forte e ardente, e a gran voce gli disse: “A do caz ve! Mo ci sposeremo!”
Fu così che Merigo dovette sopportare le tribolazioni del matrimonio, poiché forte e furba era Ondorina, la Signora delle Colline. E in quei giorni molti cannelli furono rotti, e più volte la dura testa rocciosa vacillò, ma grande e focoso era comunque il loro amore, ed ebbero figli e figlie.
In quei giorni di estate nelle terre delle aquile vi era gran scompiglio, poiché molti pastori erano venuti dalle terre meridionali e reclamavano i pascoli sui quali ora dominava Ndonio. Ci fu allora un conflitto, ma questo è narrato in altre storie.
Al termine dell’estate tornò il sereno su quelle terre, e fu indetta una grande festa in cui furono uccise e mangiate molte pecore. Le greggi erano contente poiché i cani dal manto bianco badavano loro, e i pastori ne erano felici.
Molte furono le damigiane di vino che Ndonio fece venire dalle terre delle colline dominate da suo fratello, e molto ne continuò a venire, poiché risultava sempre essere insufficiente. Quelli furono i primi giorni in cui i pastori iniziarono a mbriacarsi, e le loro donne si incazzavano e menavano loro con duri tortori di quercia, e da qui nacque il termine “prendersi una tortorata”, che significa appunto mbriacarsi.
Le feste perdurarono per una settimana, fino a quando le nubi fecero ritorno da est e la neve cominciò ad ammantare le distese erbose e rocciose. Fu così che Ndonio decise di far ritorno sul suo trono posto in cima al Gran Sasso. Percorrendo la strada che saliva, egli la benedisse e non permise alla neve di posarsi, dimodoché la gente poteva portargli a magnare e a bere, e quando gliena teneva poteva riscendere a valle a farsi un bicchiere in qualche cantina.
Molte erano le donne che giornalmente si recavano da lui per portare pane, cacio, carne di pecora e vino, e molte erano giovani e belle, in quanto speravano di essere prese in moglie dal loro Signore. Ma egli non sapeva decidere, e tutte le volte che arrivava una fanciulla egli la ripassava ben bene, per valutare e scegliere.
Tuttavia mai lui scelse, fino a quando non venne una grande bufera che sembrava dover ricoprire anche la strada benedetta da Ndonio. In quel giorno giunse al suo trono Trisinella, ed ella era bella e con fianchi che parevano fatti di roccia. Ma Ndonio già ne aveva viste simili, ed ella non sembrava attrarla più di quelle già ripassate. Così egli ripassò anche Trisinella e la congedò. Ma questa, furba e astuta, disse al suo Signore: “Ma mo co sta bufera che ce sta da fora me volete aremannà a la casa?”.
“Sci!” fu la risposta di Ndonio, ma ella senza ascoltare rimase comunque, e il figlio della roccia ne fu turbato ma anche attratto, poiché una donna lo aveva contraddetto. E Trisinella, ancora furba, si mise in cucina e accese un fuoco. Qui fece con i ceppi degli spiedi, e a questi infilzò piccoli tocchetti di carne di pecora, e li cosse alla brace. E il suo Signore fu meravigliato e infatuato da queste cose, che chiamò arrosticini, e ne mangiò in abbondanza. Fu così che volle tenere con sé Trisinella, e per tre giorni e per tre notti la tormenta continuò, ed egli la possedette e mangiò arrosticini.
Fu quindi questa la moglie del Signore della Montagna, e con ella tribolò fin da subito, poiché mal sopportava la presenza di Gnocchettone dal bianco manto nella sua casa.
“Fa uscì so cane!” diceva sempre ella.
“No, quissu remane qui!” rispondeva lui, e molto litigavano.
Allora ella diceva “Allora me ne revado da mamma!”, ed egli rispondeva “Magari!”, ma ella non andava mai via, e il povero Gnocchettone iniziò a dormire fuori di casa, poiché il suo posto accanto al trono era stato occupato dalla donna. Ma anche Ndonio e Trisinella ebbero figli e figlie, e il loro matrimonio fu benedetto.
Nello stesso inverno in cui Ndonio prese Trisinella anche nella Marsica fu festeggiato un matrimonio. Qui forte regnava Cenzino, che era chiamato “Il cazzotto de Lu Patratern” per la sua grande impresa, e molte erano le genti che lo veneravano e lo amavano. Nell’estate di quell’anno tutta la piana del Fucino fu coltivata in patane, e le patane divennero grandi e belle, e come patane erano le figlie dei coltivatori di patane, e da esse giunse il termine “Ma che bella patana”.
Molte quindi erano le belle patane, e Cenzino non sapeva decidere quale scegliere per moglie, sicché, quando tutte le patane furono raccolte, decise di ritirarsi sulla cima più alta dei monti fratelli, che dopo il suo leggendario cazzottone divennero ancora più alti, e decise di pensare. Dalla cima del monte vedeva tutte le belle patane dei suoi sudditi, ma ancora non sapeva cosa fare. E soventi volte rimaneva solo, e si appartava a sfogare il grosso fuoco che lo avvampava.
Ma nulla decise il Gran Cazzotto, quindi volle risolvere la cosa come i veri uomini fanno. Egli si incamminò da solo, nei giorni in cui la neve tornava a farsi forte, e andò dal fratello Merigo per chiedere del vino. Ed egli molto vino ebbe, e lo riportò nella sua casa nel mezzo della piana.
Qui disse “Mo mi devo mbriacà seriamente, e vediamo che succede.” Ed egli bevve, e bevve e bevve, e ancora bevve. Per tre giorni e tre notti bevve, e finalmente l’ebrezza del vino vorticosamente lo travolse, la prima e ultima volta in cui un figlio della roccia riuscì a prendersi una mbriacatura, e quella fu poi tramandata come “il colossale torto”.
Fu così che Cenzino vagò mbriaco per le contrade della Marsica, fino a quando un giorno si risvegliò in una grotta, ed era ignudo. Forte la sua testa martellava e forte ancora il mondo girava. Fu mentre si alzava che la sua mano si posò su qualcosa di soffice e caldo, ed egli sperò nella sua mente che si trattasse di una donna da egli posseduta e che sarebbe diventata così sua moglie. Ma la sua mano continuava a toccare, e lunghi e ispidi peli passavano tra le sue dita. Ed ecco che finalmente si avvide del suo gesto: Cenzino era di fianco a un orso, e questo placido dormiva.
E Il Grande Cazzotto de Lu Patratern, disperato e con una mano sulla testa, uscì uatta uatta dalla grotta dicendo “Freeeeeeeeeeghete…”
Ma ecco che, uscito dalla grotta, scorse una giovane fanciulla intenta a raccogliere ceppi, e vide che era proprio una bella patana. Essa, quando vide l’uomo avvicinarsi, riconobbe il suo signore, e vide che era ignudo ma non molto possante, e ne rimase male. Ma ecco che in Cenzino, deciso a non farsi fuggire il momento, tornò il potere del Cazzotto, e subito potente si mostrò alla fanciulla che, compiaciuta e stupefatta, volentieri si concesse al suo Signore.
Solo tre ore la possedette, poiché ancora in lui vi erano gli effetti del colossale torto, ma comunque la prese per moglie, ed essa ne fu contenta. E, per qualche strana causa o artifizio divino, questa non fu una rompicoglioni, ma i due vissero felici, ed ebbero figli e figlie. Molta fu la progenie di Cenzino, ma la prima fu maledetta.
Nonostante i figli della roccia scelsero prima le loro mogli, le loro unioni furono celebrate e benedette assieme, ai piedi della montagna loro Madre, verso la fine dell’inverno. Qui convennero i tre popoli abruzzesi, e grande fu la festa. Furono accesi grandi fuochi e ci fu un banchetto enorme. Così i popoli delle colline portarono il vino e le carni di porcio  che avevano conservato col peperone rosso macinato, e queste erano salsicce, sprisciate e belle e saportite ventricine. E giunse anche carne di pecora e montone dalle terre delle aquile, e con esse il formaggio. E furono fatti spezzatini, carni alla brace e col formaggio fu fatto il cacio e uovo, e si fecero polpette e ripieni per i pellashtri e l’agnello cacio e uovo. E giunsero anche le patate dalla Marsica, e queste furono cotte con le carni dello spezzatino, e furono anche messe sotto la coppa insieme alle coccitelle di capretti e agnelli, che con le loro frattaglie fu fatta la coratella. E mai festa più grande fu fatta ai piedi della montagna Madre, e la gente mangiò e si mbriacò, e furono felici dei signori d’Abruzzo poiché benedirono il proprio popolo, impedendo loro di soffrire la gotta.

lunedì 15 giugno 2015

LA STORIA D'ABRUZZO: 1 ) DELL'ORIGINE DELL'ABRUZZO E DEI SUOI PADRI

LA STORIA D'ABRUZZO

Bene, dopo un bel po' di tempo, e una misera manciata di post pubblicati, torno a far danni con una nuova, entusiasmante serie di racconti legata alla storia della mia grande regione, L'ABRUZZO. Una storia epica, affascinante e sconosciuta, ricca di miti e leggende che hanno la loro origine nella notte dei tempi.
Un racconto a settimana (se ce la faccio), per scoprire insieme una grande storia.
Questo è il primo racconto, tenetevi forte e immergetevi in un mondo ormai perduto.

1 ) DELL'ORIGINE DELL'ABRUZZO E DEI SUOI PADRI

Erano quelli i tempi in cui i grandi ghiacci avevano abbandonato le montagne. Le bestie lanose dalle lunghe zanne non percorrevano più i loro sentieri invernali e le aride e gelide steppe avevano lasciato il posto a verdi prati bagnati dalle piogge che cominciavano a venire dall’est. Crebbero quindi foreste di querce, cerri, carpini, castagni e faggi e il tempo si fece più mite.
Fu dopo un secolo dall’inondazione della grande pianura dell’Est, tra le grotte del grande massiccio solitario, che in seguito sarà chiamato Maiella, che Lu Patratern diede vita a tre figli. Egli, con martello e scalpello, li creò dalla nuda roccia e disse “Ecco, voi sarete i figli della roccia, e come roccia crescerete e sarete forti. Abruzzesi sarà il vostro nome e quello della vostra stirpe, e a voi saranno concessi questi monti e queste colline.”
I tre si svegliarono freddi e ignudi, e di fronte alla possanza de Lu Patratern esclamarono “Freghete!”. Ed ecco che Lu Patratern diede loro un nome, e ad ognuno di loro dei doni dicendo: “A te sia il nome Merigo, e il peperone rosso dolce della varietà corno di bue sarà il tuo dono. A te sia il nome Cenzino, e la patata sarà il tuo dono. A te sia il nome Ndonio, e un cane bianco dal folto manto sarà il tuo dono. Ed ecco, con questi doni andrete per questa terra, e la coltiverete a alleverete bestiame. Prenderete in moglie le figlie di coloro che dominerete, e i vostri figli domineranno dopo di voi.”
Fu così che Lu Patratern si congedò da costoro, e i primi tre abruzzesi presero la loro strada. Merigo prese la via a sud e si stabilì tra le colline terrose e rocciose che terminavano nella Valle del Trigno e dalle quali si poteva vedere il mare. Cenzino si inoltrò tra le montagne a Ovest, giungendo alle rive di un grande lago tra i monti. Ndonio prese anch’egli una via tra i monti e giunse ai piedi dell’alta roccia che ancora era coperta dal ghiaccio, e sotto la quale si estendevano verdi pascoli.
Questi furono i giorni della nascita dei tre primogeniti d’Abruzzo.
In quei tempi, le colline a sud erano abitate da popoli che coltivavano vigne e cereali e alberi di olivo, e allevavano bestiame. Merigo si presentò a loro forte della sua possanza divina e, dall’alto di un colle che oggi è conosciuto come Coccetta, nella zona di Fresagrandinaria, gridò a gran voce: “Ecco, io sono Merigo, figlio della roccia, e queste per diritto divino saranno le mie terre!”
Ma la gente a egli rispose deridendolo “Ma vatn a fanghiul!” e Merigo rispose loro “Mo cal abball e v fac na fac d sberl!”
Così il popolo delle colline rispose “Sciò! Nz capac!” e Merigo scese dal colle come roccia che furente si stacca e rotola dalla ripida parete di un monte, e dalla sua potenza la gente fu intimorita e presa a sberle. Ed egli fu proclamato signore delle colline e le genti lo adorarono e rispettarono. Così Merigo a loro mostrò il dono divino dicendo “Questo frutto è dono de Lu Patratern e solo noi lo possederemo in questa terra. Coltivatelo e seccatelo, e macinatelo. E con esso condirete e conserverete le carni di porcio”.
Si è detto di come Cenzino giunse nei pressi di un grande lago circondato da monti e da due picchi fratelli, che saranno poi chiamati Velino e Sirente, ma le genti che abitavano quei luoghi si tenevano lontani dalle sue sponde. Si diceva infatti che una grande sciagura aleggiava su quelle acque e i poveri scemi che si avvicinavano venivano colpiti da grandi pestilenze. Fu così che Cenzino si avvicinò alle acque, e le genti videro che un uomo si era appropinquato al lago sciagurato, e dissero “Compà, la cocc t’ha fat tilt!”. Ma lui non era uomo di carne, era uomo nato dalla roccia per volere de Lu Patratern, e le mortifere acque nulla gli causavano. E fu così che, alzando il pugno al cielo urlò a gran voce “Paaaaaaaatrateeeeeeeeeern!!!” e forte dell’Ira del Lu Patratern tirò un pugno alle acque, e queste tremarono e si alzarono, e si alzarono anche le terre e le rocce, le estese e mortifere acque furono assorbite dalle bocche della terra. Ed egli si approssimò al suolo fangoso e, scavato un buco col le mani, piantò la patata divina. E presto germogliò e crebbe una pianta, e le genti di quei luoghi osservarono sgomenti.
Quindi Cenzino prese la pianta e la sradicò, e le radici erano formate da numerose patate, ed erano belle e grosse. Ed egli a quella gente: “Queste sono le patate e in questa pianura voi le coltiverete. Fucino sarà chiamata questa pianura, e Marsica il territorio sul quale la mia patata vivrà, e io ne sarò il signore.” E le genti lodarono il Signore delle Patate e le sue patate.
L’ultimo a giungere alla propria meta fu Ndonio. Egli in principio volse lo sguardo verso l’alto monte a nord della Maiella, e gli sembrava più grande e lo volle scalare. Così partì, insieme al suo cane Gnocchettone dal bianco e folto manto, e quando lo scalò si avvide che era effettivamente più alto e vi era ancora ghiaccio, e a ovest di questo c’era una terra pietrosa ma dai vasti prati, e vide che molte erano le pecore e che i pastori le pascolavano. Ed egli scese da loro insieme a Gnocchettone, calando dalla montagna come furia tonante, e le genti si spaventarono e quando lo videro pensarono “Ma chi è su scemo?”. Così giunse Ndonio nelle terre dove volavano le aquile, e una moltitudine di lupi vi abitava. Quindi Ndonio disse a Gnocchettone “Va e mannali affangulo!” e il cane prese a mazzate i lupi, e i pastori furono felici e proclamarono Ndonio loro signore. Ed egli costruì un trono sull’alta montagna, che fu chiamata Gran Sasso, e la progenie di Gnocchettone furono i cani pastori che prendevano a zampate in culo i lupi.
Furono questi i primi giorni dell’Abruzzo e dei suoi tre Signori, e le genti si accomunarono e prosperarono nelle tre province. E i figli della roccia presero in moglie le figlie degli uomini, poiché videro che queste erano formose e ‘gnoranti, e soprattutto sapevano fare bene a magnare. Molte ne vollero i tre Signori, e molte vollero concedersi, ma ne scelsero solo una a testa, perché questo era il volere de Lu Patratern, che altrimenti si sarebbe ‘ngazzat gne na beshtj.


Ed esse furono Ondorina moglie di Merigo, Ndunietta moglie di Cenzino e Trisinella moglie di Ndonio, e delle loro gesta a lungo si fecero pettilazzerie.

venerdì 28 novembre 2014

TERREMOTI: CHE CONFUSIONE!

Terremoti, sismi, scale, magnitudo, faglie, epicentri, ipocentri, Ira di Dio e quant'altro. Quando si leggono e si sentono notizie sui terremoti trovo sempre una confusione assurda, e per forza che poi la popolazione non capisce mai un beneamato in merito.
Quindi, siccome sono Abruzzese e geologo, e tenendo a cuore questi argomenti per ovvi motivi, proverò a fare chiarezza all'eventuale lettore.
E' inutile stare a spiegare cosa sia un terremoto, quello che tutti sanno è corretto e su questo non si discute. L'unico appunto da fare è che non esistono terremoti sussultori né terremoti oscillatori. Durante un terremoto la terra balla in tutte le direzioni possibili e immaginabili, e la sensazione di ondulare o oscillare è solo una percezione soggettiva.
Per quanto riguarda il termine "faglia", tecnicamente viene definita come "piano di discontinuità meccanica su cui è possibile osservare un apprezzabile rigetto". In pratica, è una spaccatura della crosta terrestre lungo la quale due porzioni di crosta stessa si muovono l'una relativamente all'altra. Esistono tre tipi di faglie, distinte principalmente in base al tipo di movimento, e sono:
http://www.vialattea.net/spaw/image/geologia/7763a.gif

L'"ipocentro" è il punto sulla faglia in cui si genera la rottura, quindi il punto da cui partono le onde sismiche. La sua proiezione sulla superficie terrestre si chiama "epicentro". Molto banale.
http://www.meteoweb.eu/wp-content/uploads/2012/05/faglia.gif
Adesso parliamo di cose serie. Quando si da una notizia di un terremoto i giornalisti parlano di "magnitudo" e "gradi della scala Richter" senza sapere minimamente cosa diavolo stiano dicendo. Vi ricordate che dopo il terremoto de L'Aquila ci fu lo scandalo sul fatto che in Italia avevano misurato una "magnitudo di 5,9 gradi della scala Richter" mentre gli americani avevano misurato "6,1 gradi della scala Richter"? E ricordate anche che si sparse le voce che il governo aveva di proposito sottostimato la magnitudo perché così dovevano dare meno risarcimenti?
Ecco, la gente a L'Aquila e dintorni sta ancora incazzata per questo. E sono ancora incazzato pure io, come una bestia, anche se non sono aquilano, perché questa storia è frutto di CATTIVA INFORMAZIONE, e c'è gente che è impazzita per colpa di questa boiata.
Quindi, facciamo chiarezza in modo definitivo.
http://cnt.rm.ingv.it  Se andate su questo link vi ritroverete sulla pagina dell'Ingv in cui vengono registrati in tempo reale tutti i terremoti che si generano in Italia (tutti quelli al di sopra di magnitudo 2 se non sbaglio) più i maggiori sismi registrati nel mondo.
Adesso, fate caso alla colonna "Mag": la colonna indica ovviamente la magnitudo, ma se osservate bene le lettere usate per i terremoti italiani sono diverse da quelle utilizzate per i terremoti "stranieri".
In Italia si usa "Ml", la classica Magnitudo Richter (o Magnitudo Locale), che non è una scala e non indica i danni prodotti da un terremoto. Ml è un valore che esce fuori da un calcolo matematico fatto in base ai dati registrati dai sismogrammi, e quantifica l'energia liberata dal terremoto. Il buon vecchio Richter non ha inventato nessuna scala, la "scala Richter" è una fregaccia.
Per calcolare la magnitudo non esiste solo la formula di Richter, ma svariate formule, tutte volte alla quantificazione dell'energia di un terremoto ma che tra loro danno risultati sensibilmente diversi.
Nella scheda dell'Ingv per i terremoti oltre confine vengono usate sigle come MW, Mwp, MB, Mwpd e quant'altro. Queste sono tutte magnitudo, ma non sono Ml (magnitudo Richter).
Per uno stesso terremoto posso avere magnitudo differenti in base alla formula che utilizzo per quantificarla. A L'Aquila il terremoto fu Ml 5,9 per l'Ingv, e per l'USGS (gli americani) fu MW 6,1.
MW è la "Magnitudo di momento", un altro metodo per stimare l'energia di un sisma. Essendo due formule diverse, i risultati ovviamente sono diversi, ma il terremoto rimane sempre quello. E' come se si misurasse la distanza tra due punti in chilometri o in miglia: i risultati della misura sarebbero diversi, ma la distanza è la stessa.
La vera "scala" è quella che si usava una volta nell'informazione, e cioè la famigerata "Scala Mercalli" (meglio Scala Mercalli-Cancani-Sieberg), che è effettivamente una scala di valori utilizzati per quantificare l'"intensità" dei danni causati da un terremoto. Ci sono 10 gradi di intensità, da I in cui il sisma è impercettibile a X in cui la distruzione è totale.
Ora, qual'è la relazione tra magnitudo e intensità? Allora, il terremoto de L'Aquila ha avuto una Ml di 5,9, a Paganica l'intensità è stata di circa VIII gradi della scala Mercalli, a Onna, dove il paese è stato distrutto totalmente, l'intensità si può stimare intorno a X gradi della scala Mercalli, appunto distruzione totale.
La profondità dell'ipocentro del terremoto aquilano era tra i 10 e i 20 km. tuttavia se lo stesso terremoto si fosse generato a 300km di profondità nessuno se ne sarebbe accorto. E se le case di Onna paese non fossero state vecchie ma fossero state moderni palazzi in cemento armato (ben costruiti) il terremoto avrebbe al massimo causato danni del V-VI grado della scala Mercalli.
In pratica, la scala Mercalli non dipende strettamente dall'energia del terremoto, cioè dalla magnitudo,  ma dagli effetti che questo ha sulla superficie. E' ovvio che più il sisma si produce lontano dalla superficie, meno ne risento, come è ovvio che più le case e i terreni su cui costruisco sono sensibili agli effetti del sisma, maggiori saranno i danni provocati.
E' chiaro ora?
Spero di non avere annoiato troppo e soprattutto di aver fatto ordine su questi argomenti.
Quindi, ora vado a riflettere su cosa elaborare per la cena.
Alla prossima e buona serata.

domenica 16 novembre 2014

LA NOSTRA GIOVANE ITALIA

Siete stanchi di sentire in tv "l'Italia è un paese giovane" tutte le volte che succede qualche disastro naturale senza che nessuno vi spieghi perché? Bene, vediamo se riesco a spiegarvelo io con poche parole.
Allora, la storia dell'Italia inizia più o meno 28 milioni di anni fa, tra la fine dell'Oligocene e l'inizio del Miocene. I dinosauri erano passati a miglior vita da tempo (precisamente 65.9 milioni di anni fa) e i mammiferi già avevano preso il controllo dei continenti. In quel periodo, a largo di quella che allora era approssimativamente la costa della Provenza, una striscia di terra si staccò dall'Europa e iniziò a ruotare in senso antiorario, con il perno di rotazione posto più o meno dove c'è la Liguria (forse, la cosa è discussa).
20 milioni di anni fa la situazione nel Mediterraneo era la seguente:
Paleogeographic map (after Popov et al., 2004)



I frammenti di Europa che si erano staccati dalla Francia avevano già fatto un bel viaggetto verso est e tra Provenza e il blocco Corso-Sardo-Calabrese (forse con un po' di Toscana) si stava aprendo l'attuale Bacino Provenzale, cioè l'area di mare tra la Costa Azzurra e Corsica e Sardegna.
Prima ho parlato appunto di Corsica, Sardegna, Calabria e forse Toscana perché i resti di quel pezzo di Europa si ritrovano in queste regioni, la cui geologia è più simile a quella della catena alpina che a quella tipicamente appenninica.
Dico questo perché le Alpi erano già formate da un bel pezzo, ed erano la catena costiera che si affacciava a sud verso l'Africa. La storia della catena alpina è quella che si sa, cioè che si è formata perché l'Africa è andata a sbattere contro l'Europa, ma quasi nessuno sa che le Alpi hanno una storia superiore ai 100 milioni di anni (cioè quando i dinosauri camminavano c'erano anche le Alpi), mentre la storia dell'Appennino arriva a malapena a 30 milioni di anni fa. Quindi, che le Alpi sono più giovani dell'Appennino perché sono più alte è una fregnaccia. Le montagne non crescono di colpo fino a 6000 metri e poi piano piano si abbassano, è da idioti pensare una cosa del genere.
Comunque, come dicevo, una striscia di catena alpina attaccata alla Provenza 28 milioni di anni fa si stacca e inizia a ruotare in senso antiorario.
14 milioni di anni fa, durante il Miocene, la situazione era questa:
Paleogeographic map (after Popov et al., 2004)
Il bacino provenzale (West Mediterranean basin) era già formato e Corsica e Sardegna si erano piazzate nella loro posizione attuale. La Calabria invece (e forse il forse pezzetto di forse Toscana, chissà) si era staccata dalle due isole e continua muoversi verso Est. Tra questi inizia ad aprirsi il Tirreno.
2 milioni di anni fa, nel Pliocene, arriviamo a questo punto:
Paleogeographic map (after Popov et al., 2004)

Più o meno l'Italia si riconosce. Tra la catena appenninica, in piena formazione, e la Puglia, rimasta fuori dai giochi, c'era un braccio di mare che in pochi milioni di anni sarebbe stato chiuso. Adesso la situazione è ovviamente questa:

C'è chi dice che non è vero, ma l'attuale situazione dell'Italia è che la nostra bella nazione sta continuando a muoversi verso Est, e il nostro destino sarà quello di salire prima sopra la Puglia, poi continuare il viaggio andando a sbattere contro i Balcani. L'Adriatico si chiuderà, il Tirreno diventerà più esteso e lungo la costa dei trabocchi abruzzese non si mangerà più lu brudat d pash a la uashtas (e la cosa mi rende molto triste).
Ora, cosa c'entra questo sproloquio con la storia che l'Italia è un "paese giovane".
Tanto.
28 milioni di anni a livello geologico non sono nulla. Se considerate che la Terra ha 4,5 miliardi di anni, capirete che in rapporto a questa l'Italia esiste da due giorni. Quindi, a livello geocronologico, l'Italia è come una neonata.
Le dinamiche prima descritte, anche se qualcuno si ostina a confutarle, sono tuttora attive, e sono le stesse che provocano i disastri sismici nel nostro paese. I terremoti sono causati proprio dal fatto che l'Italia si sta spostando verso est, e non perché l'Africa spinge verso l'Europa. Se fosse così la stessa Italia non dovrebbe avere la forma che ha, ma dovrebbe essere spiattellata verso l'Europa come le Alpi, e invece non è così. Quindi, basta con la storia dell'Africa, siamo sismici perché ci stiamo muovendo per fatti nostri.
Poi, in Italia ci sono montagne formate da poco, cioè l'Appennino, e dove ci sono montagne ci sono frane. La pratica è ovvia: per gravità, tutto quello che sale prima o poi scende. Io porto una porzione di terreno a 3000 metri di altezza? Gli eventi climatici lo eroderanno e trasporteranno i sedimenti al livello del mare. Tutti i terreni tendono al livello del mare (anzi meglio, tutto tende ad occupare "quote con energia potenziale gravitazionale più bassa", cioè tutto tende ad avvicinarsi il più possibile al centro della Terra, più o meno). Il fatto che l'Appennino frani in modo più disgraziato delle Alpi è dovuto alla natura delle rocce che lo caratterizzano. In parecchie aree della penisola ci sono terreni argillosi. Le argille, a dispetto dell'aspetto (bel gioco di parole) sono comunque rocce, ma essendo rocce "non coese" franano facilmente. Le argille, come i calcari e le arenarie comunissimi in Appennino, sono rocce "superficiali", e quando si forma una catena montuosa sono le prime a essere sollevate. Essendo superficiali, sono più erodibili delle rocce in profondità perché sono meno "dure" (diciamo così). In pratica, nelle Alpi affiorano rocce più "resistenti" perché, avendo una storia molto più vecchia, sono affiorate le rocce profonde della crosta, mentre quelle superficiali sono state erose da tempo (a parte che nelle Dolomiti e in qualche altra zona). L'Appennino invece, essendo un giovanotto, è fatto da rocce meno resistenti e più propense all'erosione, e quindi a franare.
Di conseguenza, dopo tutto quello che ho detto, mettetevi in testa che viviamo in un paese geologicamente "capriccioso", che si sta ancora formando, crescendo ed evolvendo. In pratica, è un paese "giovane", appunto.
In tutto questo non ho parlato dei vulcani. Forse lo farò un'altra volta, o forse non lo farò perché li odio, ma anche questi ci sono per la storia che l'Italia è giovane. Nelle aree dinamicamente attive i vulcani sono una presenza costante.
Liquidati così i vulcani, e dopo aver cercato di usare meno parole possibili, vi dico buonanotte e mi metto a guardare svogliatamente la tv.
Arrivederci e blablabla.

mercoledì 12 novembre 2014

QUANDO LUCIFERO CADDE SULLA TERRA: LA PIU' GRANDE CATASTROFE DI TUTTI I TEMPI

Il titolo è un po' evocativo, forse aggressivo e sfrontato, perfettamente nel mio stile.
Dunque, di cosa voglio parlare? Di "Paradise Lost" di Milton? Della "Divina Commedia" di Dante? Della Torah? Di Neon Genesis Evangelion?
No, ma di ciò che accadde a questo pianeta ben 252 milioni di anni fa (precisamente 252.17 +/- 0.06 secondo l'ultima edizione della International Chronostratigraphic Chart), tra la fine del periodo Permiano e l'inizio del Triassico.
In quel tempo le masse continentali erano quasi completamente assemblate nel super continente che va sotto il nome di Pangea, che bene o male tutti conoscono:



Come si vede, alla fine del Permiano il supercontinente era già definito e i suoi abitanti erano rettili e anfibi così brutti che al confronto un babirussa è un'amore di suino.
http://fc08.deviantart.net/fs70/i/2013/026/1/a/ilinskoe_faunal_assemblage_by_dibgd-d5sryl2.jpg

http://fc00.deviantart.net/fs70/i/2013/059/1/d/sokolki_faunal_assemblage_by_dibgd-d5whpvd.jpg














http://demotywatory.pl//uploads/201304/1365586774_yr6egv_600.jpg
Magari qualcuno penserà che il babirussa è più brutto, ma sono pareri. Questi comunque erano gli esseri che vivevano in superficie, i mari invece erano bei giardini di coralli e crinoidi con tantissime specie di bivalvi, gasteropodi, brachiopodi, ammoniti e cefalopodi vari, pesci ossei e squali (delle faune marine purtroppo non ho trovato belle immagini).
Climaticamente il Permiano non doveva essere un gran che; l'interno delle masse continentali erano desertiche e le aree più ricche di vita erano intorno le coste.
Nonostante la Terra avesse vissuto periodi migliori, tutto sommato la vita nel Permiano procedeva piuttosto tranquillamente, poi alla fine di questo periodo sparisce il 96% della vita marina e il 70% della vita terrestre: in pratica, alla fine del Permiano il mondo è quasi morto, e l'evento va sotto il nome di "Grande estinzione permiana". Un macello.
Ora, perché accadde questo? Magari è stato davvero in quel periodo che Lucifero si ribellò a Dio e questi lo scagliò sulla Terra, e cadendo sulla Terra il diavolo si lasciò intorno un'inferno, nel vero senso della parola. E se fu davvero così, allora Lucifero precipitò in Siberia.
Esatto, ho detto Siberia, quindi contraddico ciò che dice Dante nella "Divina Commedia", perché afferma che Lucifero è caduto dove ora sorge Gerusalemme (se non ricordo male).
Lasciando stare le possibili interpretazioni religiose, perché ho detto Siberia? Perché durante il tardo Permiano, proprio al limite del passaggio col Triassico, quel pezzo di continente attualmente gelato era un inferno di di lava. E la parola "inferno" si addice bene al fatto che 2 x 106 kmdi continente erano ricoperti di lava che fuoriusciva furiosamente da estese e profonde fessure. Alla fine di questo periodo l'intera Siberia si trasformò da un continente con foreste pluviali al più grande sistema vulcanico continentale che questo pianeta abbia mai visto negli ultimi 300 milioni di anni.
Ciò che ora rimane di questa catastrofe è il "Trappo siberiano":
http://it.wikipedia.org/wiki/Trappo_siberiano#mediaviewer/File:Extent_of_Siberian_traps-it.svg


Il termine "troppo" dovrebbe essere di origine scandinavo se non sbaglio, di sicuro so che significa "scala" (anzi, forse non ne sono troppo sicuro, ma vabbè) e non so bene quale sia l'associazione di questo termine a questa formazione vulcanica (si dice perché in alcune aree le successioni basaltiche hanno forme di enorme gradini tipo scale, ma a me non sembra. E comunque, si fa riferimento ai Trappi del Deccan, in India.). Ma basta a parlare con parentesi e continuiamo il discorso. Alla fine del Permiano in Siberia inizia un'estesissima attività vulcanica con la messa in posto di enormi volumi di lava basaltica, che solidificandosi ha lasciato ciò che va sotto il nome di Trappo. L'estensione dell'area infernale permiana è quella dell'immagine precedente.
Ora, riuscite a immaginare le conseguenze sul clima e sulla vita di questa roba? Esatto, è stato un disastro. Questo pianeta diventò quasi totalmente inabitabile, altro che Interstellar o The day after tomorrow. Le conseguenze furono così gravi che si ebbe la peggiore estinzione di massa di tutti i tempi.
L'attività vulcanica buttò in atmosfera una tale quantità di ceneri e gas, come anidride carbonica e gas di zolfo, che aria e mari furono quasi irrimediabilmente inquinati.
Nei mari probabilmente si ebbero le conseguenze peggiori: l'aumento delle temperature delle acque favorì l'instaurazioni di condizioni "anossiche" (acque carenti in ossigeno), che a loro volta favorirono un'immane proliferazione di batteri solforiduttori, che a loro volta produssero ingenti quantità di acido solfidrico che inquinarono ulteriormente i mari. Come se non bastasse, l'aumento delle temperature globali favorì anche l'aumento delle concentrazioni di metano in atmosfera dovuto alla liberazione degli idrati di metano e all'attività di altri tipi di batteri, anche questi proliferati negli oceani grazie alle condizioni anossiche.
In poche parole, i mari divennero una massa fluida puzzolente di marcio, con riflessi violacei, piena di microrganismi demoniaci e cadaveri di fauna acquatica. E ti credo che poi più del 90% della vita passa a miglior vita (gioco di parole).
Anche sulla terraferma le condizioni erano schifose: il clima era caldissimo, l'aria venefica, l'interno di Pangea come detto prima era prevalentemente desertico e le aree costiere, un tempo rigogliose, furono fortemente provate dalle condizioni in cui versavano i mari (ma come parlo bene, buhuhohahahahaha!!! uhm...). Di conseguenza, il 70% della vita terrestre sparì per sempre.
Ora, ho cercato di riassumere in poche parole un evento di portata epocale, e ci sarebbe ancora tanto da dire, ma mi sto dilungando già troppo.
L'estinzione Permiana è stata molto probabilmente una combinazione di cause-effetti riconducibili all'attività vulcanica legata alla messa in posto del Trappo Siberiano. La domanda però è: cosa ha generato il Trappo?
Eh, qui cominciano i guai.
La teoria più accreditata è quella del "superplume":
http://plate-tectonic.narod.ru/supercontinent13.jpg

L'immagine mostra un enorme pennacchio di calore che dal mantello si propaga verso la superficie, con l'effetto di provocare un'estesa attività vulcanica. Questo è in poche parole quello che si pensa sia successo in Siberia alla fine del Permiano. Ma ne siamo sicuri?
Il vulcanismo sulla Terra si manifesta principalmente in 3 modi: per estensione crostale, per subduzione e attraverso "hot spot".
http://plate-tectonic.narod.ru/supercontinent13.jpg

Dei primi due tipi di attività parlerò un'altra volta, ora concentriamoci un attimo sugli hot spot. Questi possono essere definiti dei "mini-plume", anzi semplicemente "plume" cioè flussi di calore di estensione limitata che dalle profondità del mantello terrestre arrivano in superficie e si manifestano con vulcanismo.
Un esempio celebre di hot spot sono le Hawaii:
http://tasaclips.com/illustrations/Hawaiian_Hotspot.jpg

La particolarità degli hot spot è quella di rimanere "fissi" nel tempo: cioè, la placca sopra il punto caldo si muove, ma il punto caldo rimane sempre al suo posto. La conseguenza è quella che si vede nell'immagine, cioè edifici vulcanici che si formano sull'hot spot, vengono trasportati dal movimento della placca e quando si allontanano troppo dal punto caldo il vulcano vecchio diventa inattivo, si forma un vulcano nuovo sull'hot spot e col procedere della situazione si forma una catena di vulcani, tutti generati dal plume proveniente dal mantello e trasportati dalla placca.
Il plume hawaiano è attivo da forse un centinaio di milioni di anni, ed è sempre stato fisso là, senza muoversi.
E il superplume del Trappo? Ebbene, quello si è perso. Fa macelli in Siberia, poi si esaurisce e non lascia più tracce. Tanto casino che si consuma in un tempo stimato tra i 200.000 e i 400.000 anni.
Giustificare il fattaccio con un punto stazionario che solitamente ha diversi milioni di anni di vita è piuttosto complicato. Le teorie in questo caso si sprecano: è un fenomeno che accade quando il campo magnetico cambia polarità, è accaduto per colpa delle particolari dinamiche crostali che hanno portato alla costruzione di Pangea, sono stati gli extraterrestri o è caduto davvero Lucifero in Siberia.
A me tuttavia è piaciuta molto una teoria sviluppata negli Stati Uniti che fa riferimento al "punto antipodale": per fare un esempio, se con una pistola sparo a una sfera di vetro, il proiettile avrà un foro di ingresso, ma in uscita al posto del foro provocherà un'area di danneggiamento che farà a pezzi la porzione di sfera diametralmente opposta al buco di entrata.
Per capire bene la cosa, guardate questa bella scena di Saw II (se avete lo stomaco debole lasciate perdere):

Bando agli horror, cosa dice la teoria? Che se un grosso corpo celeste cozza con la Terra, l'onda d'urto (meglio, la perturbazione meccanica) provocata dall'impatto induce forti danni nella parte diametralmente opposta. La perturbazione si genera dal punto di impatto, attraversa il nucleo terrestre e risale verso la superficie nel punto opposto provocando danni strutturali in un'area molto più ampia rispetto a quella del punto d'impatto stesso. Oltre questo, la perturbazione porta in superficie flussi di calore provenienti dal nucleo terrestre, che risalendo in superficie nell'area danneggiata si manifestano come attività vulcanica.
http://4.bp.blogspot.com/_c4LmDU5e9lM/TEd0zNNenII/AAAAAAAAABc/yjno0coPNg0/s1600/PERMIAN4.JPG

Se questo è vero, come dice l'immagine il punto antipodale del Trappo doveva trovarsi da qualche parte tra Antartide e Australia (la posizione dei continenti è ovviamente riferita a quella della fine del Permiano).
Il problema è che, se effettivamente ci sono, le tracce di questi crateri non sono ben definite. Trovare un cratere dopo 250 milioni di anni non è facile, anche se a formarlo dovrebbe essere stato un asteroide molto più grande di quello che ha eliminato i dinosauri (e quello aveva un diametro stimato di 12 km, che non è poco). Poi, l'asteroide ammazza-dinosauri ha lasciato come passaggio un importante livello nelle rocce sedimentarie arricchito in iridio (elemento raro sulla Terra ma che aumenta ogni volta che ci sono impatti con corpi celesti), scoperto in Umbria da Walter Alvarez ma presente in tutto il mondo, mentre per la fine del Permiano non si hanno indicazioni certe di questo tipo.
Quindi, per quanto affascinante, la teoria del punto antipodale resta una teoria non confermata.
Rimane il fatto che 252 milioni di anni fa il nostro bel pianeta azzurro era diventato quanto di più vicino ci possa essere con l'inferno.
Che Lucifero al posto di cadere in Siberia sia stato fatto cadere nel punto antipodale? Bah, queste sono teorie di un povero sballato. Tuttavia, anche se non c'entra niente, "Paradise Lost" di Milton è un poema molto bello.

venerdì 7 novembre 2014

PRESENTAZIONI

Giustamente, mi dovrei presentare, e lo faccio dopo aver già sproloquiato due volte, una sui dissesti idrogeologici, l'altra sul clima.
Quindi, chi sono?
Potrei benissimo rispondere "Non lo saprete mai", ma sarebbe alquanto antipatico da fare, quindi darò qualche informazione.
Sono Simone Racano, momentaneamente ho 27 anni e mi mancano due esami (e mezzo) per avere una laurea magistrale in Geologia del Territorio. Se qualcuno pensa che sono fuoricorso, anche se ho 27 anni, la risposta è "No". Il ritardo accumulato deriva prima di tutto dalle superiori. Frequentavo il Liceo Scientifico R. Mattioli di Vasto (CH), e al quarto liceo mi sono fatto bocciare. "Mi sono fatto" bocciare, perché, nonostante i voti decenti, ho accumulato qualcosa del tipo un mese e mezzo di assenze poiché facevo filone con Bruno (fare filone in Abruzzo = marinare la scuola) e chi altri capitava. Comunque, dopo la bocciatura non volevo tornare a scuola per nessuna ragione al mondo, e invece ci sono tornato. Nella nuova classe ho conosciuto la mia ragazza, e ora sono più di otto anni che stiamo insieme (e sono molto contento che vada così).
Un altro anno l'ho perso durante il secondo anno di triennale per via di una presunta brutta infezione polmonare che poi si è rivelata essere asma dovuto ad allergia verso le parietarie. Un bel regalo che mi ha dato questa diavolo di città, che va sotto il nome di Roma e in cui abito dal 2007.
Io provengo dalle campagne di Fresagrandinaria (CH). Mio padre è coltivatore diretto, mia madre pure sta in campagna, l'aria è pulita, scorrazzavo tutti i giorni a cavallo per i boschi incappando spesso in coppiette imboscate nell'intento di copulare (maledetti invasori di territorio), andavo a pescare, facevo il matto con i trattori e non sono mai stato allergico a nulla. E ripeto, MAI.
Quindi, cara Roma, sei tanto bella, però vaff.....
Continuando, sto cercando di fare il geologo, e ho scelto questo percorso perché, essendo una bestia selvatica, è una materia a me affine e fino ad oggi mi ha dato molte soddisfazioni (oggi ho un esame, vedremo se sarò soddisfatto anche stasera). Quello che mi piace osservare e studiare è il territorio nella sua generalità, come ho sempre fatto fin da piccolo e come mi ha insegnato quella volpe di mio padre. Se non avessi lavorato in campagna, se non avessi imparato a capire la terra, il tempo, l'acqua e la vegetazione sicuramente non avrei ottenuto quello che ho ora. La bellezza del Creato si può comprendere a fondo solo imparando ad osservarla nella sua completezza.
Un'altra cosa che mi ha lasciato la campagna è una sorta di empatia con le bestie, nel senso che faccio facilmente amicizia con gli animali, o almeno capisco se un animale (che siano cani, gatti, cavalli, montoni, caproni, tacchini, cinghiali e altri abitanti delle faune agresti) ha intenzione di salutarti cordialmente, ignorarti o prenderti a botte. E a botte con gli animali ho fatto parecchie volte, soprattutto contro caproni e montoni. Questi sono i divertimenti della campagna, e se mio padre continua a farlo a cinquant'anni significa che è divertente davvero, ieheheheheheheheh!!!
Comunque, dov'ero rimasto... Ah, ho parlato di "bellezza del Creato". Lo dico perché sono un credente, per l'esattezza cristiano cattolico tranquillamente aperto a qualsiasi forma di discussione con qualsiasi tipo di esponente di altre fedi o religioni o culture. In pratica non ho pregiudizi verso nessuno, a parte verso l'italiano medio, una delle tipologie di essere umano a cui manca completamente il buon senso.
Nonostante sia sempre stato una "persona di scienza", sono credente e sono contento di esserlo. Una volta a chi mi chiedeva il perché rispondevo "vai a vedere cosa dice Pascal sulla scommessa di Dio". Ora i motivi che ho sono altri, ben più seri e di cui non voglio parlare perché sono fattacci miei. Rimane il fatto che, secondo me, una vita senza Dio non è una vita felice.
Cosa mi rimane da dire? Boh. Forse che mi piace leggere, scrivere, mangiare roba buona, dire cazzate con gli amici a un tavolo sorseggiando qualche alcolico (ma senza esagerare, ovviamente, anche se sono abruzzese) guardare bei film e serie tv dissacranti (in primis Community, è troppo bella), mi piace molto la storia (infatti ero molto portato nella storia ed era la materia in cui eccellevo a scuola, oltre che in filosofia, che però odiavo da morire. Infatti tutti si aspettavano che avrei studiato storia all'università, ma siccome sono un disgraziato che non da mai soddisfazioni a nessuno ho scelto di fare geologia. Mai scelta più azzeccata).
Cosa odio? Odio halloween, i pregiudizi (soprattutto i pregiudizi), gli imprenditori che hanno messo le mani sugli appalti de L'Aquila, odio le frane e odio il mare. Il mare mi annoia da morire, meglio la montagna, e soprattutto meglio la Maiella, la madre d'Abruzzo (un giorno scriverò perché si dice così).
Ho finito? Penso di si, ho scritto pure troppo. Quindi, se leggerai quest'articolo, sappi che prima o poi verrò a prenderti... sai troppe cose su di me...
Ah già, cosa scriverò in questo blog? Semplice, quello che mi pare, in merito ad argomenti di carattere scientifico e non che mi passeranno per la testa, cercando di spiegare le cose in modo chiaro e leggero. Speriamo bene.